La Fondazione: ad oggi ritardo diagnostico di 8-9 anni.
Dalla saliva la diagnosi precoce di endometriosi. Un test in sviluppo potrebbe svelare la malattia nel suo stadio iniziale, permettendo di accorciare le sofferenze e restituire alle donne una migliore qualità della vita prima che la patologia si aggravi. Se, infatti, ad oggi in presenza di sintomi sospetti, il protocollo prevede molteplici esami, al termine dei quali non è detto che si arrivi ad una diagnosi certa, il nuovo strumento potrebbe rilevare l’endometriosi attraverso il prelievo di un semplice campione di saliva, in modo veloce e non invasivo.
“Il test diagnostico su saliva, oggetto di brevetto italiano ed europeo della Fondazione Italiana Endometriosi, rappresenta una novità assoluta – spiega il presidente della Fondazione Italiana Endometriosi, Prof. Pietro Giulio Signorile, scienziato ed inventore del test – . Ad oggi sulla diagnosi di endometriosi a livello globale grava un ritardo medio di 8-9 anni: i sintomi spesso vengono confusi e sottovalutati, la paziente viene sottoposta a visite ginecologiche, risonanze magnetiche, ecografia, esami del sangue per la ricerca di marcatori che hanno, purtroppo, una scarsa attendibilità, e la malattia se e quando viene scoperta è spesso in fase conclamata. Il nuovo test, invece, sarà in grado di intercettarla in una fase iniziale e assicurare alle donne trattamenti precoci con risultati migliori. Da un’alimentazione ad hoc all’assunzione di integratori in grado di abbattere i sintomi”.
Sul test diagnostico emergono i primi dati positivi dello studio di fattibilità affidato all’azienda italiana Diatheva srl. “La ricerca sulla diagnosi precoce sta facendo passi avanti – prosegue Signorile – lo studio ha confermato quanto già emerso negli studi scientifici iniziali e nello studio brevettuale, comprovando la possibilità di poter industrializzare il test. Nei campioni di saliva di donne affette da endometriosi si rilevano valori alterati della proteina Za2G (Zinc-Alpha 2 Glycoprotein), il marker più specifico per la patologia, e del Complemento C3 e dell’Albumina (HSA). I dati preliminari confermano la possibilità di poter industrializzare almeno i primi due marcatori. Questi risultati ci incoraggiano a proseguire nella ricerca e sviluppo per far sì che il test possa diventare accessibile a tutte le donne affette da endometriosi o che ne abbiano anche solo il sospetto. La facilità di esecuzione del test non invasivo potrebbe costituire una vera svolta nel percorso diagnostico per questa grave malattia. Entro fine anno 2020 avremo un ulteriore step di avanzamento, ed inizieremo, se tutto procederà secondo programma, i test preclinici”.
Fonte: askanews.it